TdG - Olimpia
Nello sci ci sono poche certezze.
C’è un’attitudine o a volte il talento, poco o tanto, che devono reggere alla prova del confronto.
C’è un’attrezzatura, scarponi e sci, in continuo aggiornamento, si lavora per approssimazioni.
Ci sono metodologie di lavoro, e bisogna fidarsi, anzi affidarsi.
C’è uno sport fortemente stagionale, che quest’anno non prevede, nemmeno per i soliti pochi, le trasferte in Nuova Zelanda o a Ushuaia.
C’è l’avvicinamento alla stagione, breve ed intensa, nella quale ci saranno conferme, exploit o delusioni.
E quest’anno, per tutti, un’incertezza in più, quasi una cambiale in bianco, il coronavirus.
C’è l’impressione che si navighi a vista, per il temuto aggravarsi della situazione, e qualche segnale in questo senso c’è già.
Gli atleti è meglio che non ci pensino, rimanendo concentrati su ciò che devono fare, sulle numerose variabili alle quali sono abituati.
Nessuno può sapere come andrà la prossima stagione, se sarà pienamente regolare o solo un po’.
Non si sa nemmeno se a Soelden ci sarà il pubblico, e forse persino la data cambierà, c’è anche il rischio che non si corra.
È una situazione mai vista, che ha del paradossale, perché mentre lo sport si ferma, riprende, si interroga, molte cose vanno avanti.
Per consolarci, ripensiamo a come è nato lo sport, ripensiamo ad Olimpia, dove per quasi 1000 anni gli atleti non avevano nessuna certezza, fuor della gloria in caso di vittoria.
(lunedì 3 agosto 2020)