TdG - Una strada in salita,ma che corre in discesa
Lo sci agonistico ‘è uno sport di alti’, e spiegheremo subito il significato di quest’espressione.
La progressione (gli ‘step’) viene svolta per tentativi successivi: finché non si supera l’asticella, occorre riprovare.
Quando la si supera, si è in presenza di un ‘alto’, cioè di un risultato che, da solo o con un altro paio, permette di ‘fare uno step’.
I ‘bassi’ (i cattivi risultati) e i ‘medi’ (i risultati normali, cioè quelli che rispecchiano il livello raggiunto), non sono importanti.
Si può cadere molte volte, fare brutte gare, purché poi si riesca ad infilarne qualcuna buona: sono queste ultime a fare la differenza e a dare la ‘dimensione’ di un atleta.
Perciò, niente drammi per due o tre gare andate male: gli sciatori lo sanno bene, ma è utile ripeterlo. Ci si deve preoccupare solo se gli ‘alti’ mancano per un periodo significativo, diciamo un mese o due.
In una stagione intera, nella quale un atleta ‘in progressione’ corre da un minimo di trenta fino a quaranta gare ed oltre, occorre centrarne almeno una decina per fare passi significativi nella giusta direzione.
Se le gare con un ‘alto’ sono più di dieci, si entra nell’eccellenza: per questi atleti, qualunque fosse il livello di partenza, si apre un orizzonte davvero nuovo.
Fino al successivo: può essere che poi l’orizzonte non si sposti più, che lo sguardo dell’atleta non riesca a spingersi oltre: in questo caso, la corsa è a rischio, e può finire. Non possiamo dire se quello è proprio il suo limite, ma il dato oggettivo è che l’atleta non riesce a superarlo.
Forse gli mancano i mezzi, forse il contesto.
Sui primi c’è poco da fare, sul resto vale la pena di tentare per provare a ripartire.
La salita ai piani alti dell’agonismo consiste proprio nel superare gli ostacoli crescenti, senza scoraggiarsi per i ‘bassi’.
I punti FIS, i ‘maledetti punti’, sono una rappresentazione buona (ma imperfetta) del punto in cui ci trova, soprattutto se sono ‘punti nuovi’, fatti nella stagione in corso.
L’asticella, dicevamo, sale, e con essa aumentano le difficoltà: talvolta un atleta dimostra di poterla alzare molto, è in rampa di lancio, dà la sensazione di non fermarsi mai. In questo caso si può fare un azzardo, buttandolo in mezzo al mare in tempesta, per vedere se sta a galla. È un rischio calcolato, tuttavia, è un rischio che può essere corso.
C’è, infatti, un tempo in cui l’atleta, anche se non maturo, ha i ‘numeri’ per farcela e, finché non lo si butta in quel mare tempestoso, non si può sapere come reagirà: potrebbe non riuscire, ma non sarebbe un fallimento, o potrebbe stare a galla, o addirittura nuotare: se accade ciò, l’atleta con una sola gara compie uno step, ed è pronto per i successivi.
Tutto questo, l’abbiamo detto all’inizio ed è bene ribadirlo, vale soprattutto per i giovani, cioè coloro i quali sono chiamati a crescere nell’agonismo e veloci nell’apprendere: di questi giovani è il futuro non troppo lontano.
Chi è già arrivato al vertice, o quasi, ha infine un problema nuovo, cui accennavamo prima: a questo atleta si chiede soprattutto di confermare il livello, di essere costante.
È un compito molto difficile: l’aria per chi sta su è sottile, e tira un gran vento. I posti al vertice sono pochissimi, e si combatte contro tutti i più forti.
Insomma, per un atleta di gran talento che comincia, la strada è fatta di step per arrivare alla cima e di perseveranza, fortuna e voglia di restarci quando la si è raggiunta.
È entusiasmante per un atleta di talento progredire fino alla cima ed è bello vederlo combattere e migliorarsi. Lo sport, qualunque sport, è questo.
A noi tra gli sport piace soprattutto lo sci.
Una strada in salita, ma che corre in discesa.
(martedì 18 febbraio 2020)