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nowacs
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Inserito il - 15 feb 2006 : 16:27:00
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copio incollo una serie di polemiche sulle olimpiadi:
È il simbolo di queste olimpiadi, gli occhi del mondo intero sono puntati su quella fiamma. È da record il braciere di questi giochi invernali, una torre di 57 metri, alta quanto un edificio di 20 piani. Cinque tubi, come i cinque cerchi olimpici, che al momento dell'accensione erogavano una fiamma che bruciava 8 mila metri cubi di gas l'ora. Poi, nei giorni successivi, per una decisione congiunta del Toroc (il comitato organizzatore) e dell'Italgas, che fornisce il metano, la fiamma è stata abbassata ridotta della metà. Perché la fiamma olimpica consumava troppo: in pratica per una fiamma alta quanto quella della cerimonia inaugurale, accesa 24 ore per i 15 giorni olimpici, il consumo finale sarebbe stato di 2,8 milioni di metri cubi di gas metano, tanto quanto consumano 3500 famiglie in un anno. Abbassando la potenza il consumo ora equivale a quello di 1800 famiglie. In questi giorni cade il primo anniversario della stipula del protocollo di Kyoto per la salvaguardia dell'ambiente, qualcuno sostiene che sarebbe un bel segnale ridurre ulteriormente la fiamma del braciere olimpico magari tenendo acceso solo uno dei 5 tubi.
Torcia e giochi come simboli di pace e fratellanza: sembrerebbe essere questo, dunque, il leit motiv per il vasto contingente di personalità politiche, e non, che si sono spese negli ultimi giorni per invitare alla calma, al rispetto della tregua olimpica. A non disturbare il manovratore. Si è però avuta l'impressione che, sotto sotto, questi appelli fossero basati più su quello che Oliviero Beha ha definito il «pregiudizio positivo» a favore delle olimpiadi, piuttosto che sulla conoscenza degli (eventuali) veri motivi di questa dichiarata positività. Insomma, la lettura dei quotidiani di ieri e di ieri l'altro garantiva molti slogan ma pochi approfondimenti. Viceversa, i contributi per una lettura diametralmente opposta non mancano. Da oggi incominciano le competizioni, si entra nel vivo delle olimpiadi, ed è allora più che mai utile capire se i cinque cerchi meritino davvero di essere così riveriti. Ieri sera con l'arrivo dell'ultimo tedoforo è stato acceso, in un crescendo rossiniano di emozioni e di attese, il maxi braciere di 57 metri: una lunga avventura partita a dicembre dell'anno scorso da Olimpia in Grecia; una staffetta che ha attraversato tutta l'Italia in lungo e in largo e che, come si è visto, è stata tormentata pressoché ovunque dalla contestazione anti Coca-Cola, registrando in questo un record difficilmente attaccabile in futuro.
Ma andiamo oltre. Anzi, per capire le radici di questo roadshow a cinque cerchi, andiamo indietro di 70 anni. Il primo di agosto del 1936 l'ultimo tedoforo, anziché entrare al Comunale di Torino attorniato da uno stuolo di agenti di scorta e bandierine sponsor, entrò all'Olympia-Stadion di Berlino tra ali di militari nazisti e svastiche su alti stendardi troneggianti a 360 gradi. Erano le olimpiadi di Adolf Hitler, le olimpiadi della propaganda nazista di Goebbels. E soprattutto erano le prime olimpiadi nelle quali la fiaccola venisse fatta viaggiare dalla Grecia al paese ospite attraverso mezza Europa. Prima di allora la staffetta, semplicemente, non era mai esistita. Questo dunque è il retaggio storico della manifestazione, questa una delle tante eredità olimpiche poco conosciute che, crediamo, siano in grado di innescare piccole scintille di dubbio: propagandare la torcia come un simbolo di pace e fratellanza tra i popoli è quantomeno una frettolosa semplificazione. La passione per l'evento sportivo non dovrebbe far passare in secondo piano la storia dei decenni passati. Non dovrebbe far dimenticare che lo stesso Cio - che nel 1936 affida ai nazisti sia l'edizione estiva di Berlino che quella invernale di Garmish - è talmente amante della pace e schierato per i valori dell'umanità da assegnare nuovamente le olimpiadi invernali del 1940 alla stessa Germania nazista: ci sono addirittura le locandine pronte in cui le bandiere dei cinque cerchi sventolano insieme alle svastiche. Poi, come si sa, nel 1939 gli sviluppi internazionali saranno di tutt'altra fatta. E la Germania ritirerà la sua disponibilità ad organizzare l'evento, dedicandosi all'espansione militare verso la Polonia.
Le olimpiadi sono di proprietà esclusiva del Cio, Comitato olimpico internazionale, il quale «ne possiede tutti i relativi diritti, in particolare, e senza limitazioni, i diritti relativi alla loro organizzazione, sfruttamento, trasmissione, e riproduzione attraverso qualunque mezzo». Suoi sono simboli, bandiera, immagine, motto, inno e il famoso simbolo dei 5 cerchi. E Cio, a dispetto di quel che si crede, è un'associazione privata svizzera, con sede a Losanna. La sua assemblea ha oggi circa 120 membri, con una piccolissima percentuale di donne. Il potere vero è in mano al Comitato esecutivo e le relazioni con le città organizzatrici delle olimpiadi sono tenute da Commissioni di coordinamento. Gli introiti del Cio provengono dal marketing, dallo sfruttamento e dalla riproduzione televisiva dei Giochi olimpici, e da accordi con una serie di grosse multinazionali, i Top sponsors. Le olimpiadi arrivano a Torino nel 1999, il 19 giugno di quell'anno. Il 27 dicembre 1999, sei mesi dopo, nasce il Toroc, fondato dal Comune di Torino e dal Coni, e sarà il Comitato organizzatore. Nonostante i primi finanziamenti siano pubblici, e così sia la vasta maggioranza dei suoi membri, Toroc assume forma privata, con un ruolo chiaramente subordinato nei confronti del Cio, viene dotato di un governo, l'Ufficio di presidenza con presidente il sindaco Castellani, e di un parlamento, il Consiglio di amministrazione.
Ci troveremo i presidenti di Regione e Provincia, Ghigo e Bresso, ma anche Alberto Tomba. La spumeggiante Evelina Christillin si riprende il ruolo che aveva nella fase di promozione, vicepresidente esecutivo, e presidente onorario sarà Gianni Agnelli. Nel 2000 viene varata la «legge olimpica», che regola il ruolo di Toroc e crea l'Agenzia Torino 2006. Al primo la legge affida il compito più importante - quello della definizione del Piano degli interventi - mentre all'Agenzia, ente pubblico al 100%, viene invece affidata la funzione di stazione appaltante per le opere. Considerando che Agenzia Torino 2006 è subordinata a Toroc, quali sono in sintesi i rapporti di forza olimpici? Abbiamo il Cio, ente privato straniero, che supervisiona e dirige le attività olimpiche in territorio italiano; a questo potere si attiene il Toroc, organismo che si autoproclama di natura privata, che predispone il programma biforcandolo tra attività espletate direttamente e attività espletate indirettamente. E infine l'Agenzia Torino 2006, ente pubblico che si occupa di queste ultime, lavorando e spendendo soldi pubblici alle dipendenze degli altri due, uno dei quali è certamente privato, e l'altro a metà. E' questo lo schema legale all'interno del quale spenderà quasi due miliardi di euro pubblici.
Molto è stato già detto sull'impatto devastante che un evento come le Olimpiadi ha sul territorio che, in forma sempre molto elitaria, si è candidato ad ospitarle. L'organizzazione di Torino 2006, ormai in pieno svolgimento, non è sfuggita a questa regola. Anzi, il gigantismo organizzativo e mediatico che ha investito l'evento olimpico nelle ultime edizioni, sia in versione invernale che in versione estiva, non fa che aggravare ulteriormente il peso insostenibile di questo circo equestre. Sono noti ormai a tutti i principali caratteri che ha assunto nel tempo l'organizzazione dell'evento:
- la corruzione che coinvolge le più alte sfere del Comitato Olimpico, che raggiunge vette insuperate al momento dell'assegnazione dei giochi, con tangenti, regali, prebende e scambi di voti, giunti spesso fino alla messa a disposizione di prostitute di alta classe per i membri più influenti del CIO, al fine di illustrare meglio l'"adeguatezza" dei siti candidati;
- la pressione di numerose lobby di progettazione ed edificazione edilizia per ottenere l'incarico di costruire o ammodernare le strutture destinate ad ospitare i giochi, con la corsa all'accaparramento degli appalti e la spartizione di enormi profitti straordinari;
- la spartizione degli incarichi per la organizzazione e la gestione mediatica dell'evento, il dilatarsi delle parcelle per consulenze incontrollabili, i sontuosi viaggi all'estero di centinaia di persone per acquisire il necessario know how dallo studio delle manifestazioni precedenti;
- il violento impatto ambientale dettato dalle opere faraoniche connesse alla messa a punto degli impianti, particolarmente rilevante nelle valli olimpiche, in Val Chisone, Val Susa, Val Torcea;
- il pesante fardello finanziario che resta a carico del bilancio pubblico e degli enti di governo locale, sia per gli impegni connessi alla costruzione degli impianti, sia per la loro gestione futura ad evento concluso;
- il rilevante spostamento di denaro pubblico verso scopi privati, come ad esempio il gigantesco sforzo per valorizzare le strutture della Sestrieres Spa, di proprietà Fiat, che potrà godere per anni di impianti nuovi e potenziati, finanziati dallo stato;
- l'esibizione di un modello e di un sistema di vita tutto basato sul luccichio sfarfallante di consumi edonisti, ammantati di valori sportivi, pacifici e solidali, mentre la realtà concreta di 5,5 miliardi di persone viaggia sui binari della miseria, della fame, dello sfruttamento e in alcuni casi anche della guerra guerreggiata, senza alcuna tregua olimpica.
Ethical Village e sponsor assassini Detto tutto questo, scopriamo che all'interno della organizzazione olimpica di Torino 2006 esiste anche un "Ethical Village", una struttura destinata all'esaltazione del volontariato, del valore etico, sportivo, culturale, artistico dell'evento, insomma una tensione verso la pace tra i popoli di tutto il pianeta. Simbolo vivente di questa tensione, il registro dove per tutto il periodo dei Giochi sarà possibile firmare la "tregua olimpica", per sottolineare la deposizione di ogni motivo di conflitto e la volontà di partecipare, disarmati, allo svolgimento delle gare. Ci sembra che sia sufficiente l'analisi dei principali sponsor olimpici e la loro concreta natura per fornire un'immagine ben diversa dello spirito di fratellanza che sottende la manifestazione olimpica.
Come è noto, ci sono tre sponsor principali (Sanpaolo, Telecom-Tim, Fiat), uno sponsor ufficiale (Finmeccanica) e una serie assai nutrita di Top sponsor (GE, Coca Cola, Samsung, Kodak, McDonald's, SchlumbergerSema, Manulife, Visa, Panasonic, Lenovo, Omega, ecc.); subito dopo vengono i fornitori ufficiali, che sono ancora più numerosi.
Sanpaolo È la banca di Torino e quindi si è subito candidata a fare la "banca delle Olimpiadi". Ha investito 45 milioni di euro nell'impresa e intende ricavarci il doppio. Ha tenuto in piedi il Toroc ampliando progressivamente i fidi, confidando nel ripianamento finale dei debiti (indefinibili oggi) da parte di Comune e Regione. Ha partecipato tramite la controllata Opi, insieme a Monte Paschi e Dexia, all'erogazione del mutuo quindicennale da 800 milioni di euro per finanziare le opere dell'Agenzia Torino 2006. Ha progetti di crescita molto aggressivi ed intende sganciarsi dal consueto ruolo di vassallaggio nei confronti di Fiat, come dimostra il franco scambio di schiaffoni giornalistici tra il Presidente Salza e l'accoppiata Marchionne-Montezemolo, nelle ultime settimane. Nonostante l'esibizione di un accattivante bilancio sociale, non disdegna di finanziare qualunque porcheria che produca profitti. Fa parte di un gruppo di 13 banche, capeggiato dall'americana JP Morgan per finanziare, dal 2003, la Iraq Trade Bank , per conto della Coalizione Provvisoria che governa l'Iraq dopo l'invasione americana. Inoltre è cresciuto costantemente nel corso del tempo il suo peso nel finanziamento di operazioni con possibili risvolti bellici: compare nella relazione del sito "Banche armate" nel 2001, 2002, 2003 e 2004, con interventi, in questo ultimo anno, per 366 milioni di euro.
Fiat-Iveco È il gruppo più direttamente coinvolto nella scelta di Torino come sede olimpica, frutto delle pressioni dell'Avvocato Agnelli sull'amico Samaranch (il fascistissimo e franchista presidente del Cio). Rappresenta il "non plus ultra" del conflitto d'interesse,svolgendosi le gare e l'accoglienza prevalentemente su strutture di proprietà della famiglia e delle holding di famiglia (Sestriere, Lingotto, ecc.). Gli asset immobiliari della famiglia hanno goduto di un forte incremento dopo la scelta di Torino 2006. Ciò nonostante, la Fiat ha pensato di fornire solo 10 milioni di euro al Toroc e prestare gli altri 35 in servizi e attrezzature (auto, furgoni, mezzi di trasporto). Per motivi di cassa ha dovuto negli ultimi anni vendere molte partecipazioni, tra cui Fiat Avio, storicamente uno dei grandi fornitori di aerei militari all'Aeronautica. La sua presenza nella produzione militare è sempre stata altissima, come dimostra l'adeguamento negli anni '50 alle direttive americane, di licenziare tutti gli operai comunisti per non fornire informazioni al "nemico". Più di recente, è stata coinvolta negli anni '80 nello scandalo delle forniture all'Iraq di Saddam Hussein di sistemi d'arma nell'ambito del progetto "Condor" finanziato dalla BNL tramite la filiale di Atlanta. Inoltre la partecipata Valsella forniva in quegli anni milioni di mine all'Iraq per blindare il confine con l'Iran e per contrastare la resistenza curda nel nord del Paese. Attualmente la sua penetrazione nella produzione bellica si è un po' ridotta (220 milioni di euro nel 2002, ultimo dato disponibile), più che altro per le sue difficoltà a tenere il passo con gli investimenti e l'innovazione tecnologica. Appare comunque coinvolta nella produzione di veicoli utilizzati come camere mobili di esecuzione in Cina. Un settore in grande espansione?
Telecom-Tim È un'azienda piena di guai e di debiti, che la stanno mangiando viva. I debiti derivano da una lunga serie di scalate finanziarie che sono servite a sottrarre allo stato una delle sue aziende più redditizie, per portarla all'attuale situazione di grave difficoltà. In attesa di capire cosa succederà della telefonia fissa (sempre meno profittevole) e come evolverà la telefonia mobile (in direzione dell'Umts), Telecom cerca di difendere i profitti scaricando sui lavoratori i costi economici della propria strategia fallimentare. Ricorso ai call center, precarizzazione del lavoro, dismissioni, tagli d'organico sono il pane quotidiano della vita in azienda. Si sospetta che abbia partecipato segretamente alla creazione di una struttura simile al sistema Echelon (chiamato SuperAmanda) per costruire una rete di spionaggio italiana basata sulla capacità di intercettazione telefonica, anche se l'azienda ha sempre smentito.
Finmeccanica È la principale azienda italiana nel campo delle tecnologie militari, controlla oltre 100 aziende, tra cui Alenia, Avio, Agusta, Wass ed Oto Melara, ed ha ancora una partecipazione importante in STM. Sta lavorando attivamente per acquisire un ruolo di primo piano in Europa, proponendosi come partner ideale per il principale acquirente di sistema d'arma a livello mondiale: l'esercito degli Stati Uniti d'America. È riuscita di recente a vincere il contratto di fornitura per gli elicotteri della Casa Bianca. Vende i suoi elicotteri Agusta in tutto il mondo ed in particolare ai paesi che intendono usarli per scopi militari. Sta cercando di scalare la francese Thales, anch'essa attiva nei sistemi elettronici di controllo del volo, sia civile che militare, e nelle tecnologie militari di puntamento. È già una realtà avanzata a livello di produzione missilistica, soprattutto con Wass ed Oto Melara, leader a livello mondiale rispettivamente nei sistemi subacquei e nella artiglieria navale. A Torino si gioca una partita importante come fornitore del sistema Tetra, un sistema di collegamento interforze dedicato a garantire la sicurezza durante lo svolgimento dei giochi, coordinando in tempo reale i 10.000 tutori della legge che veglieranno su di noi per tutto il periodo olimpico.
General Electric È la più grande azienda del mondo per capitalizzazione e basa la sua inossidabile forza (rating AAA) sulla estrema diversificazione produttiva. È presente in ogni settore, dalle turbine nucleari ai servizi assicurativi, dalla produzione di energia ai media ed all'entertainment. Da mezzo secolo arma la difesa americana: produce cannoni per gli F104, F14, F16, C130, cannoni per navi militari, cannoni per elicotteri militari tipo Cobra e Apache. Poi costruisce motori per i bombardieri B2 e B1B Lancer, per il velivolo d'attacco A10 Thunderbolt, per gli elicotteri Supercobra, Seahawk, Apache, nonché carri armati Abrams e navi militari. La Ge è pesantemente coinvolta nelle ultime operazioni militari americane: fornisce l'energia per la basi afgane di Baghram e di Kandahr, e i suoi motori costituiscono, per sua stessa ammissione, la forza propulsiva dell'80% dei velivoli usati in Iraq per Enduring Freedom. Il business per la "ricostruzione" dell'Iraq la vede così in prima fila tra i contractor che aspirano a prenderne in mano la gestione.
Coca-Cola Sponsor ufficiale della fiaccola olimpica, la sua presenza ha suscitato una forte opposizione generale. È oggetto di boicottaggio internazionale dal 2003, quando fu denunciata per il suo ruolo nella repressione del movimento sindacale colombiano e nella uccisione di almeno 9 sindacalisti che avevano tentato di organizzare i lavoratori dei suoi impianti di imbottigliamento nel paese sudamericano. Qui il sindacato Sinaltrainal denuncia che il 94% dei lavoratori colombiani della Coca-Cola è precario e percepisce 80 dollari al mese, mentre avrebbe diritto ad una paga sindacale di 300 dollari al mese. La condotta criminale della multinazionale l'ha condotta a vedersi aprire una causa davanti alla Corte Federale di Miami e l'ha infine costretta ad ammettere il problema attraverso l'apertura di un'inchiesta interna per appurare la responsabilità nell'accaduto. Il sindaco di Bussoleno (un comune della Valsusa molto attivo nella lotta Anti-Tav) ha negato l'autorizzazione al passaggio della fiaccola olimpica proprio per la presenza della Coca-Cola come specifico sponsor del viaggio.
Kodak È stata pesantemente coinvolta nella fornitura di sistemi missilistici all'Iraq di Saddam Hussein. È sponsor del CIO da ben 105 anni e quindi è, naturalmente, sponsor di Torino 2006.
McDonald's È in guerra, ogni giorno, con la nostra salute, con le cose che cerca di farci mangiare e con la cultura alimentare deprivante che tenta di imporre soprattutto alle nuove generazioni. Rappresenta un modello di marketing e di omologazione particolarmente dannoso e insopportabile. Sono noti i principali capi d'accusa nei confronti della multinazionale del fast-food: pratiche salariali ingiuste verso i lavoratori, ritmi infernali, danni ambientali, danni alla salute dei consumatori, pratiche pubblicitarie aggressive. Nel 1986 ha dichiarato guerra a due poveri tapini inglesi, Helen Steel e Dave Morris, che avevano distribuito un volantino che richiamava questi capi d'accusa, invitando al boicottaggio del Big Mac. L'azienda li denunciò per diffamazione, ma il processo, lunghissimo, durato fino al 1997 si rivelò un vero e proprio autogol, perché la sentenza, pur confermando la validità dell'accusa verso i due poveri cristi, ammise che le pratiche McDonald's erano effettivamente nocive per la salute dei consumatori e gravose per la condizione dei salariati.
Potremmo proseguire per interi volumi, ma ci sembra che la natura degli sponsor ufficiali sia di per sé esaustiva.
Renato Strumia Fonte:www.ecn.org/uenne/ Link: http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un05/art4082.html Umanità Nova, numero 5 del 12 febbraio 2006, Anno 86
Per saperne di più sull'intero business olimpico invitiamo a consultare i seguenti volumi, usciti in momenti molto tempestivi:
1)Il libro nero delle Olimpiadi di Torino 2006, di Stefano Bertone e Luca Degiorgis, Fratelli Frilli Editori; 2)I giochi del potere, di Roberto Bosio, Macro Edizioni.
Sponsor di guerra (Voto: 1) di Tao il Tuesday, 14 February @ 04:20:33 CST I miracoli della disinformazione. Come reagireste se scopriste che il convegno sui danni causati dal doping, cui state partecipando con vivo interesse, è finanziato da un'impresa che produce anabolizzanti proibiti? Abbandonereste l'aula, colpiti dall'insanabile contrasto tra fine dichiarato e mezzo. Oppure vi interroghereste sulla credibilità di ciò che vi viene servito, pensando che probabilmente a quell'azienda interessa rifarsi un maquillage, pulire il suo marchio. Ancora, con le immagini in mente dei clandestini respinti e rimpatriati a forza, quale sensazione provate a sentire il presidente del Consiglio che dichiara «con noi c'è più libertà»?
Probabilmente pensate che si tratta di una descrizione della realtà non corrispondente al vero, che le libertà si rispettano e non si rinchiudono nei cpt. Bene. E allora che effetto vi fa sapere che la pace e la tregua olimpica vivono all'ombra di due grandi, anzi grandissimi produttori di armi, a tutti gli effetti strumenti di guerra e di morte? Riproponendo le domande iniziali, vi fareste affiancare da industrie del comparto militare che sfornano cannoni e motori per aerei d'attacco, per poi riempirvi la bocca di retorica sui valori della pace? No. Eppure Torino 2006 lo fa. Le olimpiadi che si stanno svolgendo in questi giorni si sostengono in parte su finanziamenti e sponsorizzazioni di industrie belliche. General Electric e Finmeccanica, una statunitense, l'altra nostrana, puro made in Italy. La prima è tra le maggiori corporations del pianeta e nel suo listino sconfinato non ha solo tecnologia elettrica e plastiche ma anche cannoni, installati per esempio sugli F-14 o sul micidiale A-10, e propulsori per elicotteri Apache e bombardieri B-1 e B-2. General Electric riconosce così di essere il produttore dell'80% dei motori installati sui velivoli militari che le forze della Coalizione hanno utilizzato nell'operazione Iraqi Freedom. Un colpo d'occhio al passato ci fa trovare suoi prodotti anche in Vietnam. E sempre la multinazionale, che controlla la rete televisiva Nbc, titolare dei diritti per le olimpiadi, è presente in Afghanistan e Iraq diversi contratti e subappalti.
Finmeccanica, numero uno in Italia, può fregiarsi di far parte del prime contractor in decine di programmi missilistici. A lei quindi il meritato ruolo di «Presenting Sponsor di Italyart, le Olimpiadi della Cultura» di Torino 2006, la cui sfida è «valorizzare la cultura del paese ospitante e promuovere le relazioni internazionali e l'amicizia tra i popoli». A questo punto, se credete che non sia sufficiente enunciare un principio perché questo diventi realtà, se non siete convinti che l'invasione dell'Iraq possa essere definita Iraqi Freedom fate un analogo sforzo e convenite con noi che non si può parlare di pace quando si hanno le tasche piene di soldi dei signori della guerra.
Mai come durante la cerimonia di apertura dei giochi olimpici di ieri, a Torino, si è avuta chiara la sensazione di quanto antiche siano le Olimpiadi. Non stiamo parlando dei giochi olimpici originali, quelli tenuti in Grecia fin dai tempi di Sparta e Atene, ma delle Olimpiadi come le abbiamo conosciute negli ultimi decenni del secolo scorso.
Già quelle erano lontane anni luce dai giochi originali che volevano replicare, ma ciò che è accaduto dopo il 2001, e che ci separa dal secolo scorso con un baratro ogni giorno più profondo, rende gli stessi giochi olimpici di dieci o venti anni fa qualcosa di assolutamente improponibile nelle ore che stiamo vivendo. Se gli eccessi della commercializzazione di fine secolo avevano deformato le discipline sportive fino a renderle puro spettacolo, gli orrori di oggi ci hanno permesso soltanto di vedere con maggiore chiarezza gli errori di ieri.
Uno spreco offensivo di risorse, un inutile sfarzo tristemente illusorio, ...
... una patetica coreografia ispirata solo a se stessa, cercavano in tutti i modi di ravvivare un sogno del quale conosciamo ormai troppo bene i risvolti più crudeli: la grandiosità di cartapesta, la felicità a comando, il benessere a tutti i costi - la grande menzogna veicolata dal televisore - hanno da tempo lasciato nelle nostre anime lo spazio ad altri pensieri, molto meno illusori e molto più ingombranti.
Su tutte, un'immagine precisa è parsa sintetizzare, in un solo istante, gli estremi inafferrabili di questa nostra suprema sconfitta: l'ex-fotomodella Carla Bruni, che avanza diafana sotto l'occhio delle telecamere, portando fra le braccia la bandiera italiana ripiegata. L'incarnazione di un antica illusione di bellezza e perfezione, tutta superficie e niente sostanza, che pareva consegnare al nuovo padrone del mondo - la televisione appunto - il cadaverino di una nazione che non è mai riuscita a diventare grande. Una nazione che è morta prima di dispiegare le ali, consegnata a sua volta come olocausto ai nuovi padroni del mondo, 50 anni fa, proprio da coloro - ironia della sorte - che furono un tempo i padroni della città che ieri ospitava la funesta messinscena. Dove gli addobbi funebri erano rappresentati, giustamente, da chilometri e chilometri di sgargianti striscioni pubblicitari che tappezzavano la città. Non sia mai che il morto si accorga di non essere mai vissuto.
Le Olimpiadi, Carla Bruni, i ballerini, lo sfarzo, l'allegria, gli sponsor le bandiere le renne gli sportivi le fanfare e i presidenti, il tutto sembrava appartenere a un mondo molto simile a certe stelle che vediamo di notte nel lontano universo: continuano a brillare fulgide davanti ai nostri occhi, quando in realtà si sono spente già da milioni di anni nella notte dei tempi.
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Forum Admin
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Inserito il - 15 feb 2006 : 16:39:46
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Ritengo che in questo intervento ci siano alcune intuizioni corrette, altre partigiane, altre decisamente sballate...
Al di la di tutto Fantaski non è la sede adatta per questo tipo di discussione, diciamo politico/sociale/economica..
In questo Forum discutiamo, e si vede, sullo sport, sulle prestazioni agonistiche, e questo ci limitiamo. |
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