TdG - Lo sci al tempo del riscaldamento globale
False
Si dice spesso, per giustificare gare ai limiti del regolamento, e in certi casi oltre il limite dell’opportunità, che lo sci, dopotutto, è sport outdoor.
Affermazione inattaccabile, e ci mancherebbe...
Altrettanto evidente è la considerazione che in un periodo come questo (temperature altissime, scarso innevamento, pioggia, calendario fitto dalla WC alle NJR) la stagione vada comunque portata a casa.
Lo diciamo chiaramente, per evitare fraintendimenti: le gare vanno comunque fatte (se sono al di qua di un livello minimo di decenza...), altrimenti il Circo si ferma.
Vogliamo, tuttavia, dire due cose nel merito.
La prima: nelle parti alte della classifica il rischio è di avere risultati condizionati dalla casualità: gare corte, mancanti spesso di un ‘pezzo’ (che talvolta sarebbe il più tecnico), gare disputate in parte su ‘varianti’ (vedi Garmisch). Quando 15 atleti arrivano entro il secondo dal primo qualcosa non va, è chiaro: il ‘livellamento dei valori’ non giustifica certe classifiche, che sono piuttosto la conseguenza dell’appiattimento delle difficoltà.
La seconda: per chi arriva ‘da dietro’ (in ogni circuito), per chi cioè ha pettorali alti ed è alle prese con gli step che dovrebbero portarlo in alto, queste gare sono molto penalizzanti. In slalom, ad esempio, non è quasi possibile far risultato, a meno che tutto vada benissimo, fortuna compresa. E qualcuno, talvolta, pesca il jolly, e non sappiamo dire quanto (e se) ciò sia meritato.
In conclusione: lo sci al tempo del riscaldamento globale diventa più imponderabile, più capriccioso, più ‘critico’. Gli elementi di incertezza, già presenti per definizione nello sci, si estremizzano, prendendo a volte il sopravvento sui valori in campo.
Nulla di nuovo, chi sa di sci conosce le sue infinite variabili.
In questa stagione, più pazza delle altre, la WC è divertente, perché in WC ci sono i massimi interpreti dello sci e, soprattutto, perché nel massimo circuito si fa di tutto (e a volte qualcosa di più) per garantire il ‘minimo di decenza’ di cui parlavamo.
In tutti gli altri circuiti (EC assolutamente compresa) le cose, invece, non vanno così e gli atleti devono fare i conti con la necessità che lo show vada comunque avanti: assistiamo, così, a distacchi improponibili, che si contano col pallottoliere, figli di condizioni di pista indegne e della necessità di disputare comunque le gare, di ‘portarle a casa’, come si dice. Piste che ‘sì rompono’ dopo il #15, gare che durano ore, atleti che non prendono nemmeno il via, tanto i numeri per considerarla valida ci sono già.
I risultati, in questo caso, sono poco indicativi dal punto di vista tecnico, dunque, ma le classifiche ordinano comunque gli atleti dal primo all’ultimo, decretando crescite e successi, crisi ed insuccessi.
Lo diciamo noi, che possiamo permettercelo, essendo semplici spettatori e commentatori della realtà: dagli atleti avrete mezze frasi (tranne eccezioni...), perché l’atleta non può dire certe cose.
Farebbe, se lo facesse, la figura di uno che è ‘andato piano’ e vuole prendersi delle scusanti.
E, siccome spera che la ruota giri, attende di pescare, prima o poi, il ‘jolly’.
E, siccome ogni atleta è un combattente, sta con la testa bassa, si allena, fa le gare, qualunque cosa trovi sotto i suoi sci, e tace.