Joe Speck Polig: la caduta di una stella olimpica
di Vittorio Savio
Josef Polig, un nome che ha scritto una pagina importante dello sport italiano alle Olimpiadi, ma forse troppo presto dimenticato. Eravamo ad Albertville, era il 1992 e questo giovane altoatesino, onesto interprete delle discipline più veloci in coppa del mondo ci regalò un insperato oro nella combinata maschile. Da allora sono trascorsi 23 anni e il 46enne di Vipiteno oggi è solo l'ombra del campione che abbiamo potuto ammirare ed applaudire sorridente ed emozionato sul gradino più alto del podio olimpico di quel febbraio 1992, e autore sempre ad Albertville anche di un 5/o posto in super-g, a quattro centesimi dal bronzo.
Purtroppo per Joe “Speck" Polig quell'oro olimpico ha significato, invece, una parabola discendente nel panorama dei campioni dello sci alpino. Oggi Joe è precipitato in un tunnel, quello della depressione, che ha fatto altre vittime illustri nel mondo degli sport. Dopo essersi ritirato nel 1996 dalle competizioni ufficiali, con un 5/o posto nella discesa di Kvitfjell (1993), e con una breve parentesi nelle gare professionistiche nord americane, lui figlio di una famiglia che commerciava in speck, da qui il suo soprannome “Joe Speck", aveva proseguito l'attività di famiglia e aveva aperto anche un negozio di articoli sportivi. Poi alcuni errati investimenti, una vita sentimentale altrettanto turbolenta, e qualche amicizia forse sbagliata lo hanno ridotto sul lastrico. Oggi Polig è un campione in cura per problemi di depressione, vive con una piccola pensione di invalidità, come ha confessato lui stesso in una sua breve intervista sul settimanale sudtirolese “FF". E' lo stesso Polig a raccontare la sua odissea fatta di realtà: “sono in cura con medicinali e per questo lo scorso inverno non ho più messo gli sci ai piedi" e di speranze “sogno di poter avere un piccolo appartamento in una casa popolare, di fare ancora una vacanza in campeggio e di poter tornare a fare il maestro di sci". Ma non ha mai dimenticato lo sci che segue sempre tifando per gli azzurri.
Un oro olimpico forse troppo presto dimenticato, reo forse di pagare dazio a grandi campioni che brillavano, in quel momento, di luce forse un po' troppo accecante. Quella fu l'Olimpiade di Alberto Tomba e dell'astro nascente Deborah Compagnoni, entrambi capaci di salire sul gradino più alto del podio in quella Val d'Isere, teatro delle gare alpine, come Joe Speck. Loro erano però dei predestinati, lui, invece, era un illustre sconosciuto, come il suo collega piemontese Gianfranco Martin (argento nella stessa gara) che regalarono una storica doppietta olimpica all'Italia, come seppero fare solo Thoeni e Gros (ma in slalom) a Innsbruck 1976. Entrambi però dopo quel bagliore ritornarono alla loro vita di gregari tanto che in molti si sono poi per sempre dimenticati di loro. E uno, Joe Speck Polig, pagando sulla sua pelle un prezzo forse troppo alto.
Una pagina di sport ritornata di attualità che però ci deve anche fare riflettere per far scattare una gara di solidarietà, atta ad aiutare questo ragazzone della Val d'Isarco, dal carattere sempre gioviale, che ha lasciato il segno dorato nel cielo degli sport olimpici. Se non altro glielo dobbiamo, per quello che ci ha saputo regalare 23 anni fa.