Emozione pura a Torino, ecco le Olimpiadi italiane
Tre ore di grande spettacolo e di intense emozioni hanno "finalmente" aperto la XX edizione dei Giochi Olimpici Invernali. Tre ore dedicate allo sport, all'Italia dell'oggi, dell'ieri e del domani, all'arte e soprattutto alla pace hanno saputo coinvolgere e toccare nel profondo spettatori più o meno interessati, attenti osservatori e, perchè no, anche i critici i quali una volta tanto hanno dovuto ammettere che la cerimonia andata in scena al vecchio stadio Comunale (da oggi Olimpico) è stata quanto meno memorabile. In ogni sua parte, a cominciare dalle scenografie iniziali con Yuri Chechi ad accendere le prime fiammate di passione, passando per le scene di vita di montagna e via fino alll'originale e assolutamente meraviglioso saltatore animato da centinaia di figuranti. Si arriva così all'esecuzione dell'Inno di Mameli da parte di una giovane bambina accompagnata da un poderoso coro; il tutto a dir poco emozionante.
L'inno e il tricolore introdotto da Carla Bruni hanno concluso la prima parte della cerimonia e dato il via alla sfilata delle varie nazionali: 80 paesi in festa, hanno percorso la passerella sotto lo sguardo allegro e gioviale di 35000 spettatori rapiti dall'atmosfera olimpica emanata da quest'angolo di Italia. Dall'Andorra di Alex Antor fino all'Italia di Carolina Kostner, passando per la variopinta Germania e le sparute rappresentanze africane. A seguire è ancora l'emozione a chiedere spazio, con l'ingresso della bandiera olimpica scortata da otto figure femminili, personaggi simbolo dell'impegno nel sociale e da un piccolo picchetto di alpini: l'alzabandiera ha dato il via ai discorsi ufficiali, alla dichiarazione di apertura del presidente Ciampi fino al giuramento dell'atleta di un emozionatissimo Giorgio Rocca.
Quasi a voler sottolineare l'impegno per la pace profuso dal Giorgione nazionale ecco che sul palco si presenta Yoko Ono, vedova di John Lennon, che anticipa con un breve discorso pregno di significati un'esemplare interpretazione di Imagine da parte di Peter Gabriel. Ultimi scampoli di cerimonia con la conclusione del viaggio della fiamma olimpica: Alberto Tomba entra nello stadio con la torcia per passarla al quartetto olimpico di Lillehammer, Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner. Da questi al padrone di casa Piero Gros, quindi a Deborah Compagnoni fino all'ultimo tedoforo, Stefania Belmondo cui è toccato l'onore di accendere il braciere olimpico in un tripudio di fuochi. Gran finale a sorpresa riservato a Luciano Pavarotti e alla "sua" Nessun Dorma della Turandot: nella speranza che il Vincerò salito da Torino possa accompagnare l'avventura a cinque cerchi di tutti gli atleti azzurri. La chiusura è per tradizione dei fuochi d'artificio, a cesellare una serata assolutamente indimenticabile negli occhi e nella mente dei torinesi e di tutti gli italiani.
Una cerimonia sobria, semplice ma allo stesso tempo raffinata che ha racchiuso in sè tutti gli aspetti dell'Italia e dell'italianità. Dallo stile (abiti firmati Armani) all'arte (dal Rinascimento al Futurismo passando per il Barocco), dalle terzine dantesche recitate da Giorgio Albertazzi ("Fatti non foste a viver come bruti ma a seguir virtute e canoscenza") all'Amarcord di felliniana memoria, dall'allegria per la vita, alla cultura della pace. Spazio anche ai motori, con la passerella di una monoposto Ferrari in livrea olimpica a disegnare sul pavimento i cerchi olimpici sotto l'abile guida di Luca Badoer. Acrobati e ballerini di prim'ordine (uno su tutti Roberto Bolle, primo ballerino della Scala) per un geniale mix di classico e moderno, di impegno e spensieratezza.
Se davvero il buon giorno si vede dal mattino, l'avventura olimpica di Torino e dell'Italia sembra proprio nascere sotto i migliori auspici. Ma da domani si comincia e a contare non saranno più le scenografie o i cori, ma i risultati. Forza Azzurri!
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