TdG - Matteo Marsaglia, professione velocista. Come sempre
di Luigi Grasscutter
Matteo Marsaglia, 178 start in Coppa del mondo, una vittoria a Beaver Creek in super g nel dicembre 2012, e due settimane dopo secondo in Val Gardena, ancora in super g.
Matteo è uno dei pochi velocisti italiani ad aver vinto nella massima serie, il club di quelli che ci sono riusciti è ristretto.
Quando vinse a Beaver, sul podio con lui salirono Svindal, cioè uno dei più forti sciatori della storia, e Reichelt, altro mito dello sci e pluri-vincitore in super g, discesa, e persino gigante.
Una vittoria vecchia? Le vittorie sono vittorie...
Matteo ha 35 anni, e nessuna voglia di appendere gli sci al chiodo.
Lo abbiamo ‘intercettato’ in un pomeriggio non dedicato agli allenamenti, e le sue risposte sono state interessanti, mai banali.
Non avevamo dubbi in proposito.
Matteo, sono uscite le Squadre Nazionali e sei stato inserito nel gruppo 2 Discipline veloci, insieme a Bosca, Schieder, Molteni, Zazzi e Prast...
Guarda, è una A2, a tutti gli effetti. Sulla carta il gruppo 1 (Paris, Innerhofer, Casse, Buzzi) e il gruppo 2 sono distinti, ma quello che credo è che ci alleneremo molto spesso insieme. La scelta di avermi inserito nel gruppo 2 mi va benissimo, trovo tra l’altro che due staff significhino più persone in pista, quindi bene.
Poi è una scelta intelligente perché giovani e meno giovani si alleneranno insieme, cosa produttiva per tutti.
Infine, questo permette anche di differenziare il lavoro, magari quando un gruppo fa super g e l’altro gigante alcuni atleti possono allenarsi con l’altro gruppo...
Insomma, tutto ok.
Come valuti la tua stagione 2020/21?
Non sono soddisfatto, inutile girarci intorno, perché la sciata c’era. In Coppa del mondo ho fatto buoni pezzi di gara e forse, anche se non mi piace parlarne, non sono stato particolarmente fortunato nel finale di stagione: a Kitz lungo start-stop e condizioni cambiate, per esempio, e così ho raccolto meno di quello che avrei potuto e dovuto raccogliere.
Nella seconda di Kitz sono mezzo caduto, ma poteva essere una buona gara.
A Garmish sono stato il più veloce dopo lo start-stop.
Se è vero che in Coppa qualcosa avrebbe potuto girare meglio, ai Mondiali di Cortina in discesa solo colpa mia: un errore di set-up, ho scelto uno sci sbagliato, che ho fatto fatica a girare.
Anche in super g non ho azzeccato il set-up, e poi partendo dietro ho fatto fatica.
Nel complesso posso dire che si deve e si può fare meglio. Dopo l’ultimo infortunio, sono più discesista che super-gigantista, e questo mi dispiace, ma ci sto lavorando, anche sui materiali che sono ovviamente importanti.
Sono pronto e fiducioso, non sarei qua se non lo fossi.
Matteo, le tue condizioni fisiche attuali?
Sto abbastanza bene adesso, quest’anno ho patito soprattutto la schiena, ma nell’ultimo mese sono riuscito ad allenarmi bene in quantità e qualità. Evidentemente la qualità è fondamentale, ma riuscire a ‘fare quantità’ è un buon segnale, vuol dire che il mio fisico regge (Marsaglia qui ride ndr).
A maggio sto tranquillo e poi, anche se i programmi non sono stati ancora ufficializzati, sembra che ci siano un paio di ritiri atletici, uno a giugno e uno a luglio.
Ritorneremo quindi sugli sci a fine luglio, sperando nel sud-America, o a Zermatt.
Io preferirei il sud-America, chiaro, perché laggiù si fa sempre un ottimo lavoro.
Hai partecipato a 5 Mondiali ma a una sola Olimpiade, quella di PyeongChang 2018...il 2022 è anno olimpico...
Vero, ho corso molte volte ai Mondiali, ma una sola volta alle Olimpiadi...
Anno olimpico significa una grossa motivazione in più.
Alla fine della prossima stagione tireremo le somme, ma il problema per quello che mi riguarda può essere solo fisico, motivazioni e voglia sono alte come sempre.
Un discesista, se sta bene fisicamente, può continuare senza problemi.
Gli esempi sono tanti, sia atleti ancora in pista sia ex.
E a volte i migliori risultati arrivano tardi: Clarey, che sta disputando stagioni pazzesche, forse proprio le sue migliori, il nostro Peter Fill...
Ma appunto bisogna star bene, perché le botte prese si pagano: nel mio caso caviglia, schiena...
Insomma, se il fisico regge, e io cercherò di farlo reggere, posso far bene.
Finora negli anni olimpici non è andata bene, per ragioni varie: come sempre la concorrenza in squadra è forte, ma mi sento della partita e mi giocherò le mie carte.
Nel 2018, la mia unica partecipazione ad un’Olimpiade, ero al rientro in pratica da due stagioni di stop, e quindi non feci bene.
Questa volta sarà diverso, proprio per le mie attuali condizioni fisiche.
E poi in un’Olimpiade in Cina sarà tutto nuovo, in particolare le piste, che sono nuove per tutti.
A parte la vittoria a Beaver del dicembre 2012, davanti a Svindal e Reichelt, e il secondo posto pochi giorni dopo in Val Gardena dietro a Svindal, quali sono le gare che ricordi con più piacere?
Difficile dirlo, dovrei pensarci un po’...però aspetta...
Una gara che resta tra le mie preferite è il sesto posto in discesa a Garmish nel 2016, partendo col 52, ottenuto dopo molti acciacchi.
Purtroppo due settimane dopo è arrivato un nuovo infortunio, e sono tornato giù col toboga, ma Garmish resta un bel ricordo.
Un’altra gara che mi piace ricordare è il decimo posto a Kitz nel 2019.
Ci fu un lungo start- stop, arrivai al traguardo che era molto buio e con un distacco contenuto. Tutti gli allenatori vennero a complimentarsi con me, fu molto bello.