Marcel Hirscher! il mondo ai suoi piedi. Italia ko
di Luca Perenzoni
Un brivido grande 60 mila voci ha accompagnato l'apoteosi di Marcel Hirscher che si prende quello che l'Austria intera gli aveva chiesto. La medaglia d'oro dello slalom mondiale. La medaglia d'oro dello Slalom, quello inventato sulla Planai, per una volta alla luce del giorno e senza la suggestione della notte, ma comunque il tempio del palo snodato.
La Planai aspettava questo momento. Il parterre è una bolgia, uno profusione di rot-weiss-rot, solo ogni tanto maculato di altre tinte. La Planai come il Maracanà, di più, come un'unica anima pulsante fatta di 60 mila cuori e 60 mila voci pronta a scandire i tempi della gara. A sussultare per un intermedio positivo, a trepidare per l'austriaco di turno, a tributare a ciascuno la propria ovazione, anche ai meno fortunati; a scoppiare con Mario Matt, a temere la beffa - ma senza alcun fischio o tifo contrario - con Felix Neureuther, ad esplodere con Marcel Hirscher.
Hirscher, Neureuther e Matt: eccolo il podio mondiale di Schladming, eccolo il podio della gara dei mondiali; la più attesa dal pubblico di casa, ancor più della discesa, tradizionale marchio di fabbrica dello sci austriaco. Ma oggi l'Austria sa che il suo simbolo è questo ventitreenne salisburghese dal fisico minuto ("un mezzo Tomba" l'ha ribattezzato l'Albertone, per sole ragioni fisiche) ma con una forza mentale impressionante. Ha resistito alla tensione nel gigante di Ligety, due giorni fa; ha dato sfoggio di un coraggio, di una determinazione e di un controllo unici oggi. Perchè Matt prima e Neureuther dopo sono riusciti nell'impresa di caricare ancor più le spalle di Hirscher, di aggiungere alle attese e alle richieste del paese intero il peso di due manche perfette, di due prove che avrebbero meritato ciascuna un titolo mondiale.
A fronte di tutto questo Hirscher ha messo in pista tutto quello che ha: la tecnica che gli consente curve pressochè inimitabili, l'agilità per recuperare da un paio di errori quasi fatali, la testa per non cedere alla tensione, il cuore per trovare sempre un modo di attaccare, di riprendere, di accelerare.
Ha superato anche l'altrui perfezione, Hirscher: la sua discesa è stata meno perfetta di quelle di Matt e Neureuther; per assurdo ha sbagliato di più, ma mettendoci tutto quello che ha l'austriaco è volato sull'oro, come gli era stato chiesto, come voleva, come ha fatto.
Marcellino si è preso il suo oro, ha dato l'oro all'Austria che chiedeva un sussulto individuale per accompagnare il titolo a squadre, ha regalato una giornata unica a tutto il pubblico della Planai e a tutti coloro che erano davanti agli schermi. Perchè un'azione così, un'impresa così - tecnica e mentale - merita solo una cosa: l'ovazione che ha ricevuto.
Servirebbe il tempo e lo spazio per esaltare l'argento di Neureuther e la puntualità di Matt che quando sente aria di mondiale si trasforma. Servirebbero metri e metri di carta, ancorchè virtuale, ma per quello che ci è concesso appare giusto, oggi, celebrare più di ogni altro Hirscher e il suo trionfo che è già leggenda.
Dietro alle tre medaglie si fanno largo lo svedese Myhrer e un Ivica Kostelic spumeggiante nella seconda manche con Pinturault sesto e Dopfer settimo. L'Italia resta con il 12imo posto di Stefano Gross, unico azzurro al traguardo stanti le uscite di un Patrick Thaler volitivo e di un Manfred Moelgg arrembante ma sfortunato. Troppo poco, sicuramente, ma il gusto un tantino sadico dello slalom è anche questo. Restano tre dunque le medaglie azzurre, 2 d'argento e una di bronzo: il bottino non è malvagio, ma quel qualcosina in più non avrebbe guastato.